Etna 1634-1635 ANONIMO 1635

ANONIMO, Breve relatione del nuovo incendio di Mongibello in Sicilia. Manoscritto. Datato 1635. Roma, Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II, ms. Ges. 763, tavola ripiegata all’inizio del volume. Penna e inchiostro seppia, aquerello ocra, rosso, seppia, sanguigna.

La mappa (piegata in quattro): cm 27,5 x 39, 5; i fogli col testo: 19,5 x 15,5. Rappresentazione della eruzione dell’Etna del 1634-5. Vari aspetti di questa immagine, resa nota da Guidoboni e Ciuccarelli, suggeriscono una possibile influenza delle incisioni del Perrey rappresentante l’eruzione del Vesuvio del 1631, specie nelle versioni pubblicate nei trattati di Mascolo e Carafa: l’interesse topografico per la distribuzione delle colate (che nel caso del Vesuvio erano colate piroclastiche) più che per la colonna e la nube eruttiva, la presenza di iscrizioni sovrapposte all’immagine, la notazione della emersione di una nuova bocca eruttiva a quota più bassa, la terminologia idrologica ( ad esempio l’inizio della didascalia relativa alla colata in alto a sinistra: Latus monti quod septi partiti fluminis pars.../lato del monte che fu terrorizzato da una parte del fiume, da confrontare con Igniti cineres flumen in Carafa o Torrentes igniti cineris nelle tavole rispettivamente di Carafa e Mascolo). Nonostante la implicita utilità dell’immagine, l’autore è consapevole dei suoi limiti rispetto alla visione diretta (Ma dalla destra parte del Salto del cane [una flusso lavico] …già calava a furia…bellissimo quanto mai si possa dipingere...). Vari elementi inducono a ritenere che l’anonimo autore possa essere un gesuita (Guidoboni e Ciuccarelli 2014, p. 429), al pari di Leal e di Kircher.

Bibliografia. Guidoboni e Ciuccarelli 2008; Guidoboni, Ciuccarelli et al. 2014, pp. 427-478, in part. 427-32, 453-55; 457-65 (trascrizione completa del testo); Abate e Branca, pp. 13-26, in part. p. 17.

Immagine

MAPPE

La piattezza è parte integrante della impostazione prettamente “geografica” della rappresentazione. L’autore ha estrapolato e graficamente ben delimitato una singola area dell’Etna, interessata dall’eruzione, per poter meglio evidenziare i dettagli. Si tratta di un procedimento derivato dalla classica divisione “corografica” della mappa del mondo in regioni più limitate, di tradizione tolemaica. Da questo punto di vista l’immagine è l’esatto opposto delle reppresentazioni del Vesuvio e dell’Etna di Kircher, relative alla stessa epoca e il cui interesse è, non per la topografia, ma per l’edificio vulcanico e il suo meccanismo, rappresentato, come scrive Kircher nelle raccomandazioni all’incisore, secondo le regole della prospettiva, per rendere la profondità del cratere come accesso al mondo sotterraneo.

Il testo dell’anonimo autore si apre non a caso con considerazioni di ordine topografico: [f. 2] …E per quanto s’apartiene alla topografia e descrittione del luogo, basterà che Vostra Reverenza si riduchi alla mente la vastissima montagna esser distinta da se stessa come in quattro scalini….

La vastissima montagna poteva essere meglio descritta “corograficamente”, per singole regioni.

COLATE LAVICHE

Rispetto al testo, il disegno veicola ulteriori infomazioni sul numero delle colate (sette, non tutte citate nel testo) e sulla loro dislocazione (verso la città di Acireale) (cf. Guidoboni et al., 2014, p. 430).

MUTAMENTI OROGRAFICI

Emersione di nuove bocche eruttive

La nuova bocca eruttiva, da cui si dipartono le colate laviche, è ben delineata rispetto al cratere principale situato più in alto, al vertice della “zona delle nevi” lasciata in bianco nel disegno. Si veda l’analogo fenomeno registrato nelle tavole sul Vesuvio nel 1631 in Carafa e Mascolo.

[In alto vicino alla vetta] Montis hiatus ex quo flammas semper et ordinarie egessit (Apertura del monte da cui sempre e ordinariamente escono le fiamme)

[A destra della nuova bocca eruttiva] apertura nuper perfracta et fluminum appictorum origo, e qua globi ignei mirae magnitudinis eijciantur (apertura formatasi ultimamente, origine dei corsi qui rappresentati, dalla quale sono gettate fuori masse ignee di straordinaria grandezza).

Domenico Laurenza

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