Giovanni Battista ZUPO, Continuatione De’ Successi Del prossimo Incendio del Vesuvio, Con gli effetti della Cenere e pietre da quello vomitate, E con la dichiarazione et espressione Delle Croci Maravigliose Apparse in varij luoghi dopo l’Incendio, Napoli, Francesco PACI, 1661. Tavola alla fine dell’opuscolo. Incisione su rame, cm. 19 x 27. Disegnatore: Giovanni Battista ZUPO? Incisore: Anonimo
La tavola rappresenta, al centro in basso, lo stato del cratere del Vesuvio dopo l’eruzione del 1660. Sui lati sono rappresentate le croci che apparvero impresse su vesti e altri supporti nel corso di quella eruzione, mentre in alto viene illustrata la cometa apparsa nel cielo di Napoli il 6 febbrario 1661. L’associazione promiscua di vari temi ricorda le incisioni con la eruzione del Vesuvio del 1631 in Giuliani, Carafa e Mascolo. Sebbene Zupo propenda per una interpretazione naturalistica del fenomeno dell’apparizione delle croci, resta tuttavia un margine di ambiguità nel suo resoconto, che accenna anche al possibile significato religioso e prodigioso dell’evento, al pari della cometa apparsa lo stesso anno.
La rappresentazione dei mutamenti del fondo del cratere è però all’origine di un imporante filone iconografico vesuviano. La sua importanza è provata da fatto che l’immagine di Zupo verrà riprodotta in Mecatti 1752-1766.
L’opera, anonima, venne identificata come del matematico e padre gesuita Giovanni Battista Zupo dal vulcanologo Luigi Palmieri (1880 e 1887) in base alla citazione del nome dell’autore nelle Diatribe de prodigiosis crucibus …post ultimum incendij Vesuvij Montis (Roma, 1661) di Athanasius Kircher e grazie alla copia di questo e di un altro lavoro dello Zupo, con citazione del nome dell’ autore, in un manoscritto di Francesco Perrotta del 1660, relativo alla stessa eruzione. La tavola, priva del nome degli autori, si basò verosimilmente su di un disegno dello stesso Zupo, dato che il curatore della edizione, Giovanni Alberto Tarino, nella introduzione scrive di aver pubblicato un testo, evidentemente manoscritto, di un diligente Matematico in Napoli, ora identificato come Zupo, di cui entrò in possesso e che peraltro, aggiunge, già circolava in copie tra Napoli e Roma. La qualità bassa delle immagini escluderebbe aggiustamenti sostanziali apportati ai disegni originali di Zupo nel corso della preparazione dell’incisione.
L’opera reca una dedica del Tarino ad Ascanio Filomarino (1583-1666), il colto prelato famoso, tra l’altro, per aver commissionato l’altare di Borromini nella chiesa dei Ss. Apostoli a Napoli. Ascanio Filomarino, da non confondere con il più tardo e omonimo autore di opere sul Vesuvio (nato nel 1751) appartenente alla stessa famiglia, è detto dal Tarino molto interessato allo studio del Vesuvio (…quanto ella sia versata in questa polvere). Questo interesse verrà sviluppato più tardi nella stessa famiglia, da Ascanio e Nicola Filomarino.
Bibliografia. Palmieri 1880, pp. 17-18; Idem 1887, p. 15; Furcheim 1897, pp. 211-12; Parascandola 1928; Ricciardi 2009, p. 286; Rowland 2014, pp. 44 e ss.. Sul manoscritto di Francesco Perrotta: Ricciardi 2009, pp. 281-7. Sulla eruzione del 1660: Imbò pp. 52-3; Lirer et al. 2005, p. 40; Ricciardi 2009, pp. 281 e ss.
MUTAMENTI OROGRAFICI
Emersione di nuovi coni
Cono: riformazione
L’immagine in basso al centro rappresenta lo stato del cratere del Vesuvio in pianta, visto dall’alto dopo l’eruzione del 1660. Al centro è rappresentato ciò che Zupo definisce monticello, il conetto intracraterico la cui formazione era iniziata già dopo la eruzione del 1631, come riportato e rappresentato da Kircher 1664-1665. Vari autori successivi studieranno l’evoluzione di questa formazione che finirà col fondersi con l’orlo del cratere (cf. ad es. Hamilton 1776). Zupo, diversamente da altri autori, si limita a registrare l’evento senza l’aggiunta di teorie orogenetiche locali o globali. L’immagine include anche altre strutture rilevate da Zupo nel fondo del cratere: tre aperture, di cui una attiva, e sulla destra, una formazione descritta come una colata di talco.
[Senza numeri di pagina. Capitolo Delle pietre balzate dal Vesuvio] […] E primieramente la sua forma nel fondo [del cratere] è quasi ovata, sì che la sua lunghezza maggiore si stima più d’un quarto di miglio. Di più attorno lascia per caminarvi una commoda strada; e nel mezzo sorge un monticello dell’istessa figura, ove si vede una buca, o apertura bislunga vicino a 200 passi…Da questa apertura sovente sbocca qualche lampo e fumo…Nella parte di Levante si vede una grande profonda buca per adesso innocente: da quella però di Ponente se ne scorgono due, ma ricoverte affatto di cenere. Da questa medesima parte ancora si vede una moltiplicata steccata di talco rilucente e pulito…
ROCCE E DEPOSITI
Cristalli
Il fenomeno delle croci discusso da Zupo e da altri autori contemporanei, come Kircher (Diatribe…cit.), venne interpretato o come un prodigio divino o attribuito naturalisticamente alla caduta di rugiada di tipo particolare o, come nel caso di Kircher e, in parte, di Zupo, alla deposizione di vapori del Vesuvio che assumevano la forma di croci a causa della trama dei tessuti su cui in genere le croci erano ritrovate. Kircher tradusse in latino le parti del testo di Zupo riguardanti questo fenomeno e pubblicò anche una incisione, in due versioni nelle due edizioni delle Diatribe (1661 e 1663), basata, con alcune varianti, sulla tavola di Zupo (fig. 1). Il fenomeno è ora interpretato come la conseguenza della formazione, nel corso della eruzione, di cristalli di augite cruciformi, attestati nel caso del Vesuvio e di altri vulcani (cf. Parascandola 1928 e Ricciardi 2009).
Domenico Laurenza