Vesuvio 1779 DE BOTTIS 1779 tav. I e II

Gaetano DE BOTTIS, Ragionamento istorico intorno all’eruzione del Vesuvio che cominciò il dì 29 luglio dell’anno 1779 e continuò fino al giorno 15 del seguente mese di agosto, Napoli, Stamperia Reale, 1779, Tavola I. Incisione su rame. Disegnatore: Alessandro D’ANNA. Incisore: Carmine PIGNATARI. Tavola II. Incisione su rame. Disegnatore: Pietro FABRIS. Incisore: Francesco GIOMIGNANI.

Le due tavole, analogamente ad Hamilton 1779 tav. II e tav. I, fig. II, rappresentano la stessa fase eruttiva vista da un punto di vista più vicino (tav. I: da Santa Lucia a Mare) e più lontano ( tav. II: da un luogo vicino al Real Casino in Posilipo. Didascalie delle tavole). I punti di vista corrispondono a quelli di Hamilton 1779 tav. II (taken from the King’s Palace at Pausilipo. Didascalie delle tavole) e tav. I fig. 1 (taken….near his Sicilian Majesty’s Palace at Pausilipo). Quest’ultima tavola in Hamilton venne disegnata da Pietro Fabris, come la corrispondente e molto simile tav. I di De Bottis. Il rapporto tra queste due tavole eseguite dallo stesso Fabris per due diversi scienziati va chiarito. Per un punto di vista ancora più ravvicinato (dal Ponte della Maddalena) cf. Desprez e Piranesi 1779. De Bottis, p. 9, sottolinea il diverso aspetto della colonna eruttiva dai vari punti di vista: Un tale strabocchevole getto veduto da’ vicini luoghi rappresentava una fontana di fuoco assai più grande di quella che di sopra ho descritta (Tav. I) e guardato di lontano pareva un’infiammata altissima colonna, che avesse per base il circostante piano del Canale dell’Arena, e dell’Atrio del Cavallo (Tav. II).

Bibliografia. Su De Bottis: Furcheim 1897, pp. 19-21; Nazzaro 2001, pp. 78-81; Toscano 2009, pp. 228-30. Sulla eruzione del 1779: Nazzaro 2001, pp. 163-6; Imbò 1984, p. 101; Lirer et al. 2005, p. 59, Ricciardi 2009, pp. 401-11.

   

TEORIE

Focolaio profondo

La rappresentazione della altissima colonna eruttiva, con la sua continua fontana di fuoco, ha in De Bottis un preciso valore scientifico che va ben oltre il gusto del fenomeno spettacolare e pittoresco cui in genere questo tipo di immagini è stato connesso. Serve infatti a dimostrare la teoria di De Bottis della origine profonda del focolaio vulcanico. La enorme e durevole colonna eruttiva del 1779 implicava una quantità di materia vulcanica incompatibile con una origine superficiale del fenomeno e spiegabile solo con una origine profonda, in cavità anche sottomarine e distanti dal Vesuvio, sebbene entro un raggio limitato alle regioni limitrofi.

Nei due capitoli teorici che concludono il libro (Cap. XXVI. Congettura intorno al sotterraneo luogo, donde pure è venuto nel Vesuvio il fuoco, che ha prodotto l’Eruzione, di cui si è favellato e Cap. XXVII, Intorno alla cagione di quegli straordinarj, non interrotti, e violenti getti di fuoco, e di fumo, che seguirono nell’ultimo incendio del Vesuvio, e che sopra si son divisati) De Bottis parte dalla costatazione della altezza e persistenza della colonna eruttiva del 1779, oltre che dalla strabochevolissima quantità di materia eruttata complessivamente a partire dal 79 d.C. (p. 94), per confermare la sua teoria dell’origine profonda del fuoco, contraria a quella di autori come Borelli, Della Torre, Mecatti e Serao (cf. Nazzaro, 2001, pp. 78-80).

[p. 94] Or chi potrà ragionevolmente persuadere che tutta quanta la sopraddetta materia sia venuta fuori di sotto quel piano, su cui sollevasi? Che vasta orribilissima cavità non vi sarebbe sotto esso! E chi potrà eziandio credere, che tutte queste diverse accendibili sostanze, che hanno prodotti tanti e tanti incendj, stavan sotto il medesimo ammassate e raccolte e che vene sieno ancora, giacchè arde al presente?

[p. 98] I. Nel Vesuvio vi stanno molte e diverse caverne [p. 99] che forte si dilungano sotterra più e più miglia. Questo ci fa dirittamente argomentare la considerazione dell’esorbitante quantità di materie, ch’esso ha in diversi tempi vomitate. II. Le mentovate caverne sono probabilissimamente sotto il piano del mare […]. III Alcune almeno delle predette antiche spelonche comunicano col cammino del Monte ardente […]. IV. Nel medesimo Monte vi sono acque […] E non è improbabile che dal prossimo Appennino scendano sotto esso altre acque

Teorie chimiche (Fermentazione delle piriti)

Le componenti rappresentate nella colonna eruttiva sembrano un equivalente esterno di ciò che De Bottis ipotizza avere innescato l’eruzione nelle cavità sotterranee in uno dei due capitoli teorici conclusivi (cap. XXVII).

[p. 103] In oltre per un tale accendimento si sprigionò l’aria, ch’era rinchiusa ne’ piriti di solfo, e di vetriolo, e in altre sostanze, che s’infiammarono e da queste, e dalle predette acque agitate…e dagli urti del fuoco [p. 104] dell’arie e de’ vapori, si sviluppò eziandio una gran copia di vapore elettrico. Or questi elastici fluidi, cioè il fuoco, l’aria sotterranea, i vapori, e la materia elettrica non potendo più capire nel luogo dove stavano… cercaron… di venire fuori….E questa impetuosissima corrente in uscendo del Monte fu la cagione che produsse il mentovato getto di fuoco e di fumo

COLONNA ERUTTIVA

Fontane di lava

Le immagini enfatizzano la continuità del getto di materia infuocata, diversamente da precedenti eruzioni. De Bottis usa il termine “fontana di fuoco” in questo senso.

[p. 98] Ma nell’ultimo Incendio, fuor dell’usato, secondochè sopra si è riferito, i suoi veementi getti accaddero senza veruna interruzione, e così durarono considerabile tempo; talchè di notte essi pareano vere fontane di fuoco, quale principalmente fu quello della memorabile sera del giorno 8.

Entrambe le tavole rappresentano l’eruzione nella fase della notte dell’8 agosto.

[p. 8] […] a grado a grado andò crescendo un tal getto per modo che intorno ad un’ora ed un quatro e poco più della medesima notte, divenne violentissimo, copiosissimo e continuato. Le pietre di elevavano ad un’altrezza incredibile e dopo ricadevano a foggia di una grossa grandine, descrivendo parabole di diverse ampiezze ed altezze […] [p. 9] Un tale strabocchevole getto veduto da’ vicini luoghi rappresentava una fontana di fuoco assai più grande di quella che di sopra ho descritta (Tav. I) e guardato di lontano pareva un’infiammata altissima colonna, che avesse per base il circostante piano del Canale dell’Arena, e dell’Atrio del Cavallo (Tav. II).

Nubi vulcaniche

[p. 10] Intorno all’ora 1 ½ e più vennero fuori gran globi di nerissimo fumo e di cenere che con vorticoso movimento pure si sollevarono in alto, e variamente interruppero il sopradescritto cilindro o fontana di fuoco. Di poi il soprammentovato fumo fu spinto verso Ponente, e subito giunse sul nostro capo quà [p. 11] in Napoli […].

Il fumo diretto verso Napoli è ben visibile in entrambe le tavole che, come indicato in didascalia, rappresentano precisamente l’aspetto della eruzione intorno all’1 ½ della notte dell’8 agosto.

Fenomeni elettrici

[p. 11] Nel bel mezzo del medesimo fumo, e ne’ lati più che frequentemente serpeggiavano lunghissime saette, ch’erano di una straordinaria grossezza, e di diversi colori […]. Anche nell’aria accesa, che circondava il detto fumo, spesso spesso vedeansi balenare delle folgori […].

Queste ultime non sono rappresentate in nessuna delle due tavole, possibile indizio di una esecuzione delle immagini in parte libera e non strettamente legata al testo. Cf. invece Volaire 1779.

COLATE LAVICHE

ATTIVITÁ PIROCLASTICA

Alla principale colata lavica è forse riferibile la lunga stria luminosa lungo il crinale in basso. Ben visibili, come strie chiare, le cadute di materiali lavici. Più problematica l’interpretazione delle aree grigie come depositi piroclastici. Cf. Desprez e Piranesi.

Domenico Laurenza

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