Vesuvio 1638 KIRCHER 1664-1665

Athanasius KIRCHER, Typus Montis Vesuvii Prout ab Authore A.° 1638 visus fuit, in Mundus Subterraneus, Amsterdam, Joannem JANSSONIUM e Elizeum WEYERSTRATEN, 1664-1665. Tomo I. Tavola connessa alla Praefatio, Caput III [senza numerazione di pagine]. Incisione su rame (cm. 40,8 x 36). Disegnatore: Johann Paul SCHOR e Athanasius KIRCHER? Incisore: Theodor MATHAM?

L’immagine rappresenta il Vesuvio nel 1638 così come, alcuni anni dopo la grande eruzione del 1631, apparve ad Athanasius Kircher, che ebbe modo di visitarlo di ritorno da un lungo viaggio  che lo aveva portato a visitare anche Malta, la Sicilia e la Calabria (1637-8). L’elaborazione della tavola, sebbene risalga al 1660-1664, cioè agli anni di preparazione del trattato Mundus subterraneus, rappresenta lo stato del Vesuvio al momento della visita di Kircher nel 1638 e non dà conto dei cambiamenti orografici avvenuti negli anni intercorsi, cambiamenti riportati dallo stesso Kircher nel testo del Mundus. Questo sembrerebbe confermare che disegnatore e incisore si basarono su di un ricordo grafico dello stesso Kircher, ovviamente adattato in occasione della stampa del 1664-1665. La tavola non reca indicazioni del disegnatore e dell’incisore, i quali invece, nel caso del frontespizio dell’opera, sono indicati rispettivamente nelle persone di Johann Paul Schor (1615-1674) e Theodor Matham (1606-1676), il primo attivo a Roma dal 1640 (Jo. Paul.s Schor delineavit Romae e Theodor Matham sculpsit ). Un manoscritto autografo di Kircher contenente una prima versione del Mundus subterraneus (Roma, Biblioteca Nazionale, ms. Gesuitico, Ges. 562; c. 1657-60) contiene due disegni di vulcani, uno dei quali potrebbe essere un abbozzo della tavola presente. L’autografia del disegno, diversamente dal testo, necessita comunque di ulteriori approfondimenti, al pari del soggetto. Il disegno a fol. 164v del manoscritto ha in comune con la incisione del Vesuvio del Mundus vari aspetti, incluso l’accenno al monticello nel fondo del cratere. In ogni caso è indubbio che Kircher dettò il contenuto della incisione.

Nel Tomo I del Mundus ricorrono due date: 1664 nella pagina con il titolo completo e la dedica ad Alessandro VII; 1665 nel frontespizio illustrato da Schor e Matham.

Bibliografia. Morello 2001 e 2004; Strasser 1982; Grell 2013; Margolin 2001; Godwin 2009, pp. 131-4; Cocco 2013, pp.140-56. Su Schor: Strunck 2008. Su Zupo: Furcheim 1897 pp. 211-12. Sulle eruzioni negli anni subito successivi al 1631: Lirer et al. 2005,pp. 39-42; Nazzaro 2001, pp. 134-5; Ricciardi 2009, pp. 261-2, 266-7.

MUTAMENTI OROGRAFICI

Emersione di nuovi coni

Nel fondo del cratere viene rappresentato ciò che Padre Zupo nel 1661 per primo aveva definito monticello, definizione ripresa più tardi da vari autori. Il monticello iniziò a formarsi dopo l’eruzione del 1631. Kircher lo definisce come monticulus e la tavola in esame sembrerebbe la  rappresentazione di questa neo-formazione nel suo stato più antico (se effettivamente si basa su un disegno di Kircher del 1638). Zupo aveva pubblicato una immagine del monticello nel 1661, un testo ben noto a Kircher (vedi più avanti). Questa di Kircher è quindi la seconda rappresentazione a stampa della neo-formazione. Il monticello nel periodo 1660-89 andrà incontro a vari cambiamenti. Dopo un decremento di altezza e volume a seguito della eruzione del 1660 (cf. la relazione manoscritta del 1660 di Francesco Perrotta, trascritta in Ricciardi 2009, pp. 281-7, in part. 281 e 284), darà  luogo prima a tre distinti conetti, visibili nel 1670, quindi all’accrescimento di uno di essi, che, nel 1689, superò l’altezza del Gran Cono risultando visibile da Napoli (cf. Lirer et al. 2005, pp. 39-42). Kircher segnala nel testo l’eruzione del 1660, che ridusse le dimensioni del monticulus rispetto a quanto da lui visto nel 1638 (cf. Lirer et al., p. 40 sugli eventi di questo periodo). Probabilmente Kircher, per l’eruzione del 1660, si basò sull’opera del padre gesuita Giovanni Battista Zupo, pubblicata proprio negli anni di redazione del Mundus (Giornale dell’Incendio dell’Vessuvvio dell’anno MDCLX..., Roma 1660 e Continuatione De’ Successi del prossimo incendio del Vesuvio..., Napoli, 1661), quest’ultima, come detto, includeva una rappresnetazione del monticello all’interno del cratere, ripresa più tardi da Mecatti. Zupo nelle stesse opere si occupa anche del fenomeno  della apparizione, nel corso della stessa eruzione, di croci su pezzi di tessuto, fenomeno a cui Kircher dedica uno studio nel quale pubblica in latino alcuni dei testi di Zupo  (Diatribe de prodigiosis crucibus…, Roma, 1661). Su referti ricevuti da Kircher di più tarde eruzioni del Vesuvio cf. Cocco 2013, p. 270, n. 7.

[Praefatio prima, Caput III, De Montiis Vesuvii…;p. 27] … Materia, quae ex centro monti continuo eructabatur, novum veluti montem efficiebat, mira striatum varietate praeditum…verum haec omnia in apposita figura Lector considerat. Monticulus hic post ultimum montis incendium quod anno 1631 contigit adeo excreverat, ut inde conjecturare licuerit, futurum aliquando, ut in eandem, quam olim obtinebat, altitudinem sit surrecturus, nisi alio incendio superveniente destruatur, quod hoc eodem quo haec scribo, anno 1660, contigit

Kircher intuisce il meccanismo distruttivo-ricostruttivo alla base dell’orogenesi del vulcano, sebbene lo inquadri in una visione fissista che attribuisce alla creazione divina la struttura base della terra. Quest’ultima non muta e quindi non ha storia. Nello stesso capitolo attribuisce alla grande “razionalità” divina la creazione della complessa struttura sotterranea della terra, contro chi la riteneva una formazione disordinata per accumulo accidentale di materia. In effetti l’eruzione del 1660 aveva comportato una diminuzione di altezza e parziale lacerazione del monticello endocraterico come riferito nella relazione manoscritta di Francesco Perrotta (cit. in Ricciardi 2009 pp. 281-7, in part. p. 284: Il montetto poi non si è ritrovato tanto alto, come era prima, ma notabilmente abbreviato per la cagione già detta dell’innalzamento del piano [cioè per la ricaduta di materiali eruttati e depositati nell’area tra il monticello e le pareti del cratere]: bensì l’havemo veduto tutto lacerato, scompaginato et arricciato...).

TEORIE E INTERPRETAZIONI

Modello anatomico

Focolaio profondo

Il Vesuvio è rappresentato in sezione, secondo una modalità visiva tipica dell’anatomia e Kircher, sottolinea che il viaggio del 1637-8, includente l’esplorazione del Vesuvio e all’origine del trattato, fu una vera e propria autopsia (usa il termine greco), cioè un vedere direttamente con i propri occhi, termine e concetto che era stato da secoli al centro del dibattito metodologico su come studiare e insegnare l’anatomia ( [ Prefazione, Caput I]: autopsian singulorum requirebam, hanc unicam ad concepti miliminis executionem veluti pernecessariam efflagitabam. [p. 186]: Nos paulo proprius accedentes, quae ultimis hisce temporibus kata tén autopsian a me observata). Del resto l’analogia micro-macrocosmica, corpo dell’uomo-corpo della terra domina la visione geologica di Kircher e i distinti canali sotterranei per l’acqua (fig. 1) e per il fuoco (fig. 2) evocano rispettivamente vene e arterie.

Fig. 1

Fig. 2

L’elisione del monte Somma, la rappresentazione irrealistica della città di Portici, la sezione del Vesuvio confermano il carattere teorico e non topografico dell’immagine, al pari delle famose tavole del Mundus con il sistema di dotti sotterranei (fig. 1-2), il cui titolo (rispettivamente: Systema ideale Pryrophilaciorum e Systema ideale quo exprimitur aquarum per canales…) ne segnala la valenza teorica, illustrante cose non oggetto di visione diretta o autopsia. La sezione del Vesuvio apre una finestra verso questo mondo sotterraneo ed è come borderline tra i due ambiti. Infatti, sebbene anche essa ideale da un punto di vista iconografico, data la sezione, mostra tuttavia le strutture del fondo del cratere realmente oggetto di autopsia da parte di Kircher nel 1638. Così la “dissezione” della superfice della terra apre verso l’interno della terra, secondo la teoria della origine profonda del fuoco vulcanico.

Domenico Laurenza

I commenti sono chiusi.