Giuseppe RECUPERO, Storia naturale e generale dell’Etna, a cura di Agatino RECUPERO, Catania, Stamperia della Regia Università degli Studj, 1815, vol. I e vol. II. Incisioni su rame. Tav. I. Disegnatore: Giuseppe RECUPERO? Incisore: Giuseppe ALOJA. Tav. II. Disegnatore: Alessandro RECUPERO. Incisore: Antonio ZACCO. Tav. V. Disegnatore e incisore: Sebastiano ITTAR. Tav. VI. Disegnatore e incisore: anonimo.
La corposa opera in due volumi di Recupero costituisce l’esito di studi e ricerche condotte sul campo nel corso dei decenni e propone una sintesi globale delle sue conoscenze sull’Etna: storia delle eruzioni; aspetti topografici, mineralogici e stratigrafici; annotazioni idrologiche e naturalistiche. Conclusa intorno al 1770, ma restata inedita, fu pubblicata postuma nel 1815 dal nipote Agatino Recupero, che si occupò di aggiornare e ampliare lo scritto dello zio per rispondere alle critiche dei suoi detrattori. L’opera è completata da sette tavole.
La tav. I è una carta orittografica della regione etnea, disegnata probabilmente dall’autore e incisa dal napoletano Giuseppe Aloja, attivo alla metà del Settecento e autore anche di immagini del Vesuvio.
Le altre tre tavole qui descritte sono invece dei prospetti dell’Etna, con valore al tempo stesso paesaggistico e vulcanologico. Le viste sono prese da sud presso Catania (dove si riconoscono il monastero di S. Nicolò l’Arena e la facciata della chiesa della SS. Trinità), da est presso Riposto e da nord presso Randazzo e recano l’indicazione dei siti di alcune eruzioni recenti. La tav. II è disegnata Alessandro Recupero – un altro membro della famiglia – e incisa da Antonio Zacco; la V è disegnata e incisa dall’architetto catanese Sebastiano Ittar (1768-1847) – autore di numerose incisioni a tema architettonico e archeologico – mentre la VI è anonima. A questi tre prospetti se ne aggiunge un quarto (tav. VII) che, in realtà, è soprattutto una raffigurazione dell’eruzione del 1787. Nel loro complesso, le vedute rendono conto della forma del vulcano da differenti punti di vista:
[I, p. 5] “Al primo colpo d’occhio da ognun si ravvisa essere il nostro Monte di figura irregolare avvicinantesi ad una piramidale tagliata nel suo vertice, qualora si rimira il suo prospetto più nobile da quella Città [Catania]; ma negli altri lati cangia figura; onde possiamo francamente asserire essere tante le sue figure quanti sono i punti dai quali può rimirarsi, effetto senza meno della vastità del suo corpo. Il commodo uso del disegno ci dispensa lunghe, e nojose descrizioni; ed io a tal oggetto non ho temuto la spesa per fare incidere colla debita esattezza molti di quelli prospetti, acciò potesse ognuno riconoscere quanto esso varia nella sua figura”.
Alcune tavole risalgono all’epoca di Giuseppe Recupero, mentre altre furono realizzate in seguito, come testimoniato da Agatino:
[I, p. 5] “L’Autore non ebbe il tempo di portar a perfezione il promosso lavoro de’ rami, per essere stato sorpreso dalla morte prematura, ho dovuto supplire io cotal difetto a mie spese”.
La tav. IV è una riproduzione dell’illustrazione di Recupero 1755. Per la tav. III si veda la relativa scheda.
Bibliografia. Su Giuseppe Recupero: Candela 2016. Su Ittar: Gallo 2000, pp. 66-67; Buscemi 2008; Antista e Garozzo 2025. Su Zacco: Gallo 2000, pp. 86-87. Sulle mappe dell’Etna: Abate e Branca 2015; Branca e Abate 2019. Sull’attività dell’Etna: Alessi 1829-1835; Branca, Del Carlo, Behncke, Bonfanti 2025; Tanguy 1981.
MAPPE
La tavola I è una Carta oryctografica della regione etnea. Come ricordava Agatino, lo zio Giuseppe aveva visitato l’area “di palmo in palmo, ne disegnò la topografia, che forma un segmento di 180 miglia dal capo di Taormina sino a quello d’Agosta, notandovi scrupolosamente tutto ciò, che la Natura offre ivi d’interessante” (I, p. VII).
La mappa – in seguito ripresa e aggiornata, tra gli altri, da Francesco Ferrara e Jean Houël – raffigura le tre regioni dell’Etna descritte da Recupero nella sua opera, vale a dire quella pianeggiante e pedemontana, quella intermedia e boscosa e, infine, la terza, collocata alle quote più alte. La mappa cerca di dare conto della morfologia del massiccio etneo, senza trascurare l’idrografia e l’indicazione dei centri urbani, mentre le note richiamano l’attenzione su alcuni siti rilevanti dal punto di vista geologico o naturalistico. Inoltre, la carta reca la localizzazione delle eruzioni più recenti del secondo Settecento, nonché di qualche evento passato particolarmente significativo. La semplice mappa topografica assume così una profondità storica, anche se va sottolineata l’assenza di indicazioni dei corsi di lava e delle bocche laterali, solo accennate.
COLATE LAVICHE
Nella tav. VI è visibile l’eruzione dell’Etna del 1764, con l’indicazione di un corso di lava che fuoriesce dalla una bocca aperta sul fianco settentrionale del vulcano (3).
COLONNA ERUTTIVA
Nubi vulcaniche
Nubi di fumo che si levano dal cratere centrale dell’Etna sono visibili nelle tav. V e VI, benché appaiano più come elemento estetico che come riferimenti a specifici eventi eruttivi. Diverso è il caso della colonna di fumo emessa dalla bocca settentrionale del 1764 (tav. VI, 3) e di quella prodotta dal Monte Simone nell’eruzione del 1811 (tav. II, 9):
[II, pp. 168-169, 174] “Questo novello vulcano nell’atto che vibra nell’aria un denso e tetro fumo carico d’arena, ed un diluvio di materiali sciolti, erutta nel tempo stesso un torrente di liquida materia, che prese la direzione per la Roccia di Musarra. […] La colonna di nero fumo che incessantemente alzavasi verticalmente, veniva piegata dai venti sud-est che ivi infuriavano e trasportavano l’arena a distanze considerabili”.
MUTAMENTI OROGRAFICI
Emersione di nuovi coni o nuove bocche eruttive
Le tavole con i prospetti dell’Etna, e le loro didascalie, mettono in evidenza diverse bocche eruttive che si aprirono in occasione di eruzioni avvenute tra il XVII e il XIX secolo.
Comune alla tav. II (3) e alla V (6) è l’indicazione del cono avventizio che si formò sul versante meridionale durante l’eruzione del 1763, vale a dire la cosiddetta Montagnola, a 2600 m di quota.
Tra i vari monti rappresentati nella tav. II, si segnalano sulla sinistra i Monti Rossi (17), cioè i due coni piroclastici formatisi nei pressi di Nicolosi (16) con l’eruzione del 1669 e – localizzabile solo grazie alla colonna di fumo – la bocca del Monte Simone del 1811 (9):
[II, pp. 168, 170] “Le bocche gettanti fiamme erano occultate dai monti Zoccolaro e di Calanna, ma i loro getti di vivo fuoco si estollevano assai più alto di quelle montagne. Una di esse dilatando di più in più la sua apertura divenne in breve tempo il soggetto principale dell’eruzione. […] I materiali che ricadevano nelle sponde della valla voragine avevano già formato in due giorni un monte bastantemente corpacciuto ed alto, aperto dalla parte orientale, da dove sgorgava la materia liquida, e che di tempo in tempo va sempre inalzandosi ed ingrossandosi. Era un bel piacere veder quel nascente monticello nero continuamente brillantato di pietre infocate, che rotolavano fino alle sue falde”.
Colate laviche solidificate
Nella parte destra della tav. II è chiaramente identificabile la colata del 1792 (7), proveniente dalla bocca laterale nata presso le Serre del Solfizio e diretta verso il Monte Arcimisa (10):
[II, p. 154] “Una nuova bocca di fuoco vedemmo da Catania nella parte meridionale dell’Etna sulle alture del Solfizio accompagnata da un grande scoppio. Essa fu poi seguita da altre più basse da cui scolarono alcuni piccioli corsi di lava. Ma dalla principale voragine vomitavasi incessantemente un furioso torrente, che con rapido cammino in breve tempo trascorse quel ripido pendio; benché fortunatamente per la disposizione del terreno rivoltò il camino verso l’est, e sempre unito spaziossi per tutta quella vasta pianura dell’Arcimisa. La montagna conica dell’Arcimisa restò in gran parte seppellita da quella copiosa ed alta corrente di lava”
Sono inoltre segnalate le lave del 1766 – dai Monti Calcarazzi (14), sotto la Montagnola – e del 1780 e quella del 1381, che raggiunse le vicinanze di Catania (22).
Fabio Forgione



