Vesuvio 1631 GIULIANI 1632

Giambernardino GIULIANI, Trattato del Monte Vesuvio e de’ suoi Incendi, Napoli, Egidio LONGO, 1632. Tavole all’inizio e alla fine del volume. Incisioni su rame, cm. 18 x 12,5. Disegnatore (?) e Incisore: Nicolas PERREY (NPerrey f[ecit]).

Le incisioni rappresentano lo stato del Vesuvio e dell’area vesuviana prima e dopo l’eruzione del 1631. Le due immagini, che, con alcune varianti, vennero pubblicate, nel 1633, nel trattato di Giovanni Battista Mascolo  rispecchiano perfettamente il contenuto “promiscuo”, da un punto di vista moderno, del libro di Giuliani e di altri trattati coevi relativi all’evento del 1631: ricostruzione erudita del passato dell’area vesuviana con numerose citazioni di autori classici, cronaca scientifica degli eventi eruttivi e cronaca religiosa delle iniziative intraprese dal clero in risposta all’evento. In effetti nella prima immagine la rappresentazione dell’amenità dei luoghi prima della eruzione e la erudita e ipotetica individuazione (nella versione del 1633) dell’antica Pompei con Torre Annunziata e di Ercolano con Torre del Greco, corrispondono alla prima parte del trattato di Giuliani (as es. pp. 1-63; p. 14: “…La torre dell’Annuntiata, reliquia de gli antichi Pompei, La Torre del Greco, un tempo detta Erculano…”). Nella seconda immagine la combinazione di descrizioni scientifiche (l’abbassamento del cratere, i torrenti piroclastici, etc.) e religiose (la figura di San Gennaro allusiva all’evento miracoloso di allontamento da Napoli della nube vulcanica avvenuto nel corso della processione del 17 dicembre 1631) corrisponde alla compresenza, nel libro di Giuliani, di contenuti scientifici e di cronaca religiosa e civile. Analoga compresenza di elementi di cronaca scientifica e religiosa si vede nella incisione del Perrey pubblicata nel trattato del Carafa del 1632. Nel xviii secolo, in un mutato orizzonte culturale, le due insioni verranno ripubblicate dal Mecatti “ripulite” dai loro elementi extra-scientifici.

Bibliografia. Sull’incisore Perrey: Lofano. Sulla eruzione del 1631 e la relativa documentazione: Nazzaro 2009, pp. 29-47; Nazzaro 2001, pp. 18-32; Marturano e Scaramella; Tortora 1997 e 2008; Principe 1998; Ricciardi 2009, I, pp. 195 e ss.; Lirer et.al., pp. 31-39; De Mauro, 1984; Cocco, pp. 52-112 (in part. pp. 74-76 sul testo di Giuliani).

MUTAMENTI OROGRAFICI

I mutamenti orografici evidenziati nelle due tavole sono solo parte della finalità delle tavole, che evidenziano anche e soprattutto la distruzione dell’area dopo l’eruzione e l’intervento miracoloso del santo. Parimenti, nel testo, la grande quantità di materia eruttata e il conseguente avanzamento della linea di costa da un lato, il crollo della parte alta del cratere dall’altro spingono Giuliani ad ipotizzare l’origine prima del Vesuvio per accumulo di sostanze eruttate e a prevedere la sua fine per una eruzione distruttiva. Tuttavia la riflessione su questi eventi eruttivi costruttivi e distruttivi occupa una minima parte della trattazione scientifica, concentrata, come gli altri trattati dell’epoca, sulle causalità “chimiche” e “metereologiche” della eruzione e non genera, come avverrà invece tra XVIII e XIX secolo, ad esempio in Hamilton e Von Buch, una riflessione sulla storia della terra e sulla orogenesi globale.

[In rapporto alla eruzione di materie e all’avanzamento della linea di costa; pp. 91-92] Laonde chi disse il Vesuvio esser nato de gl’incendi e da’ tremuoti, parmi ch’ei tanto non s’ingannasse, quanto altri tiene. Percioche della sola materia hora usctitane, come veduto habbiamo, & appresso anche vedremo, se ne sarebbono nonche uno, tre altri somiglianti Monti sicuramente formati, s’ella hauuto il suo corso avesse sì sdrucciolo e sì veloce per l’erto di quel Monte à basso, e fermar si fosse potuto nel piano, senza esserne da sì violenta forza astretta à girne sino al mare: come creder si potria da ch’il volesse ch’egli a questo modo nella nascita del Vesuvio avvenuto fosse: imperoche hauria ben potuto allora, aprendosi, far voragine la terra in quella pianura, in cui hora sta egli situato, e poscia nel medesimo piano restarsene di mano in mano la vomitata materia, onde se ne fosse à poco à poco alzato il Monte. Nè ciò dovria strana a chi che sia parere, s’egli è vero che in Pozzuolo videro i nostri avoli, come hora noi pur tuttavia, doppo passato un secolo, veggiamo, e lovedranno etiandio i nostri discendenti finchè a Dio piacerà, stupendamente nato e nello spatio di ventiquattro hore, un nuovo Monte di mille passi alto, formato dalle sole ceneri, che uscirono da una voragine, la quale, scoppiando la terra, vi s’aperse l’anno 1538 à 29 di Settembre […] nella sommità del cui Monte una bocca si fece a guisa di coppa, com’è quella dello stesso Vesuvio, […] donde esalava continuamente fumo […] [cita Falconi] […] Ma lasciando il ciò credere in libertà di chi’l vuole, sia tempo homai che à Napoli tornando diciamo che […].

[In rapporto alla distruzione dell’apice del cono; p. 170] Laonde pare etiamdio, che non molto dal verisimile colui si diparta, il quale tiene, che sicome’l Vesuvio hebbe dal fuoco i suoi natali, così parimenti dallo stesso habbia’l misero (infelice figliuolo di cridelissimo padre) à rimanerne un giorno arso, e divorato affatto: e tanto più, ch’egli è fin hora in quella punta […] [vedi più avanti per la continuazione di questo brano].

Avanzamento della costa

Verso il mare per deposizione di materiale vulcanico. Visibile nella tavola specialmente nel tratto compreso tra Portici e Resina. Era questo un aspetto “costruttivo” della eruzione.

[p. 89] Tutto quel lungo spatio di mare, ch’è dalla prima Torre di guardia di Resina, sin passata la Torre dell’Annunziata, si vide in un tratto, nella larghezza dove d’un miglio, & ove di poco meno, maravigliosamente ripieno della materia uscita dalla voragine del Monte […].

Il testo di Giuliani enfatizza l’avanzamento del tratto di costa a Sud di Resina, indizio di una sua partecipazione alla elaborazione delle immagini incise dal Perrey.

Cono: distruzione

Osservando insieme le due incisioni l’abbassamento del cono è evidente in rapporto alla invariata altezza del Monte Somma a sinistra.

[p. 170] e tanto più, ch’egli è fin hora in quella punta, oue stà la voragine, dalle ardenti sue fiamme, che à poco à poco l’han roso, presso a trecento canne della sua primiera altezza abbassato, come noi adesso veggiamo, & altri che lontano ne stia, potrà dalla figura, che perciò alla fine porremo di questo libretto, non senza gran maraviglia anche vedere: onde questo almeno n’è à Napoli avvenuto di bene, ch’ella ne vien’hora più per tempo à goder la mattina del lucido Oriente i bei raggi del Sole; che non così, per l’opposizione di cotale altura di monte, ella dianzi faceva.

 

COLONNA ERUTTIVA

Nubi vulcaniche

[p. 64] una smisurata Nuvola: la quale non già bianca come dianzi, ma alquanto nera, innalzandosi a maraviglia, trapassando […] la prima regione dell’aria, andava figurando diverse mostruose chimere…hor di grandissimo Elefante, hor di fierissimo Dragone.

La descrizione si riferisce allo stato della nube il 16 dicembre. La tavola non include le chimere viste da Giuliani.

Fenomeni elettrici

Rappresentati da lampi visibili non solo sulla colonna eruttiva ma anche al suo esterno sulla sinistra e sulla destra del cratere in eruzione.

[p. 64] tra quella gran machina di nero, e caliginoso fumo, vedevansi lampeggiando folgorare, e folgorando serpeggiare, con tortuose striscie, fiamme di fuoco.

ATTIVITà PIROCLASTICA

Colate piroclastiche

Colate di fango (lahar)

Nella seconda immagine sono distinguibili le cinque colate piroclastiche che si riversarono lungo le pendici del Vesuvio, raggiungendo la costa, la mattina del 17 dicembre 1631. Forse la rappresentazione intende includere anche le colate di fango o lahar generati specialmente più tardi, nella notte tra il 17 e il 18.

[pp. 86-87] […] e per la gran bocca dell’antica voragine, con violenza maggiore, si mise tosto ad uscire, seco insieme trahendo, senza le molte grosse & infocate pietre, atte a fracassar l’universo tutto, tanta copia d’acqua, mischiata di cenere, di rena, e di lequefatto bitume, solfo & allume, che d’essa fattisi in un batter d’occhio, oltre ogni credere humano, cinque grossi torrenti, con tanta furia, à veduta etiandio di no’ altri, che sì lontano stavamo, giù del Monte per altrettanet, benchè contrarie vie ondeggianti calarono […].

Domenico Laurenza

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