Vesuvio 1638 KIRCHER 1657-1660

Athanasius KIRCHER, Il Vesusio nel 1638. In Mundus Subterraneus. Manoscritto. c. 1657-60. Carboncino, penna, inchiostri e acquerello, cm 27 x 20,5 (f. 162r) e 24 x 22 (f. 164v). Roma, Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II, ms. Ges. 562, ff. 162r e 164v (numerazione moderna a matita).

Sebbene già noti agli studi, questi due disegni non sono stati oggetto di studio specifico. La numerazione antica visibile in alto a sinistra in uno dei due fogli (fol. 509), erroneamente riportata in alcuni studi come parte della numerazione del manoscritto Ges. 562, è invece ciò che rimane di una numerazione antica di un differente manoscritto cui il foglio originariamente apparteneva. Questi due fogli, che recano ora la numerazione moderna (162 e 164), sono infatti stati, ad un certo punto, aggiunti alla fine del manoscritto Ges. 562 contenente il testo di Kircher di ciò che è considerato una prima redazione del Mundus Subterraneus. Hanno infatti dimensioni diverse (c. cm 27 x 20,5 e 24 x 22) rispetto a quelle del manoscritto (c. cm. 32 x 23).

Nessuno dei due disegni reca indicazione del soggetto. Che tuttavia il disegno a f. 164 v rappresenti il Vesuvio nel 1638, così come illustrato nell’incisione del Mundus Subterraneus (1664), è desumibile da un lato dall’accenno al monticulus nel fondo del cratere, discusso e rappresentato nella edizione a stampa del Mundus Subterraneus del 1664, dall’altro dalla nota di Kircher, inserita al verso del foglio 164: NB Hic mons exprimi debet ac si sectus esset ad constitutionem interiorem ignium conspicienda. Come altre analoghe note inserite in altri disegni contenuti in fogli adiacenti e tutti pubblicati nel Mundus Subterraneus, si tratta di una nota per l’incisore. Ad esempio la nota relativa ad un disegno a f. 165 si intitola: Admonitio ad incisorem huius figurae.

Più difficile stabilire il soggetto dell’altro disegno (f. 162r). Secondo Godwin (p. 49) sarebbe in relazione con la tavola del Mundus rappresentante l’Etna. Tuttavia la formazione nel fondo del cratere sembra corrispondere a quella analoga visibile nella tavola del Vesuvio e rappresentante il monticello emerso nel fondo del cratere vesuviano. Inoltre, mentre nel disegno il fondo del cratere è chiaramente visibile, Kircher dichiara che, nel corso della escursione sull’Etna, non riuscì a vedere il fondo del cratere a causa di rocce che aggettavano dalle pareti e occludevano il lume e a causa della diminuzione ottico-prospettica (Mundus subterraneus, 1664-5, Tomo I, p. 187: Vorago tam profunda est, ut omnem visum fugiat. Scopulis in modum pyramidum ex lateribus exurgentibus metuendum, & cum latera recto & perpendiculari scopulorum ductu deorsum parallelo descensu vergant, iuxta Opticas tamen leges in Centro ex nimia distantia coire videantur, quod multos observatores decepit, qui hoc optico ludibrio decepti putarunt, latera montis interiora in conicam superficiem stringi).

In base a confronti stilistici tra questi disegni e quelli, meno elaborati, inseriti direttamente nel testo autografo di Kircher del 1657-60, si potrebbe cautamente attribuire questi due disegni allo stesso Kircher, anche nel caso del paesaggio con città alla base del Vesuvio in f. 164v, che Godwin ritiene aggiunto dall’artista Johann Paul Schor, probabile autore del disegno definitivo per la incisione pubblicata nel Mundus subterraneus; paesaggio che, al contrario, nella incisione si riduce all’essenziale. La estraneità fisica di questi due fogli rispetto al manoscritto con la redazione del Mundus del 1657-60 circa, potrebbe implicare una retrodatazione dei due disegni ad un’epoca più prossima al viaggio del 1638, specie nel caso del disegno a colori e più elaborato. L’incisione nel Mundus fu probabilmente una sintesi di questi due disegni e incluse da un lato il monticello nel fondo del cratere chiaramente delineato nel disegno di f. 162r, dall’altro i fumi e la colonna eruttiva rappresentata nel disegno a f. 164v. La città di Portici, ricca di dettagli nel disegno a f. 164v, venne ridotta ad indicazione schematica nella incisione. In quest’ultima mancano anche le due bocche di fuoco eccentriche visibili a f. 164v.

Bibliografia. Godwin 2009, pp. 47-58, in part. pp. 48-49 e 53; Strasser; Martinoli, L., 2008, in Manus on line; Grell p. 55; Morello 2001; Margolin; Cocco.

Immagine

Fol. 164v

Immagine

Fol. 162r

TEORIE

Teorie chimiche

Le teorie chimico-alchemiche, che influenzano tanti aspetti della studio della terra di Kircher, lo spingono, nel Mundus subterraneus, a dare una afficace descrizione della varietà cromatica dei minerali in “ebollizione” nel fondo del cratere del Vesuvio, che fa seguito alla descrizione, più morfologica, della emersione di un monticello. Alla fine del testo Kircher rinvia alla incisione pubblicata nel Mundus, che però, essendo in bianco e nero, poteva rendere solo la parte “morfologica” del testo. Invece in uno dei due disegni (f. 164v) i colori rendono bene quasi tutta la gamma cromatica evocata dal testo:

[Prefatio, Caput III; pagine non numerate] Materia, quae ex centro montis continuo eructabatur, novum veluti montem efficiebat, mira striatum varietate praeditum, quam varia mineralium liquefactorum ebullitio in omnes circumferentie partes fluxu suo, coloreque nunc viridi ex aere, modo fulvo ex sulphure, arsenico & sandaraca, jam rubro ex cinnabrio minioque, jam nigro, ex vistriolo aquis mixto, vel ex ipsis cineribus cineritio, ingenioso Naturae penicillo efformabat: verum haec omnia in apposita figura Lector considerat.

A meno della esistenza di esemplari del Mundus con l’incisione colorata a mano, lo stato evolutivo della tecnica riproduttiva non consentiva ancora alla incisione di imitare i colori creati dal pennello della Natura.

MUTAMENTI OROGRAFICI

Emersione di nuovi coni

In uno dei due disegni (f. 162r) è chiaramente visibile, nel fondo del cratere, un monticello, corrispondente a quello del Vesuvio nel 1638, descritto e rappresentato da Kircher nel Mundus subterraneus. Accenni al monticello sono riconoscibili anche nel disegno di f. 164v. Questo confermerebbe che entrambi rappresentano il Vesuvio.

Il disegno a fol. 164v registra due bocche di fuoco eccentriche non rappresentate nella incisione pubblicata nel Mundus subterraneus. Questa divergenza va considerata, ma non sembra sufficiente a disconnettere le due immagini. Nel 1644, Evelyn segnala, prima della vetta, “molti crepacci e baratri, ampi e profondi, dai quali fuoriuscivano getti solforosi misti a fumo, di tale violenza che non osammo restarvi a lungo accanto” (Cf. Ricciardi p. 267).

Domenico Laurenza

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