Vesuvio LIPPI 1816

Caminantonio LIPPI, Fu il fuoco o l’acqua che sotterrò Pompei ed Ercolano?, Napoli, Domenico SANGIACOMO 1816. Tavola alla fine del volume. Disegnatore e incisore anonimi.

La tavola, intitolata Copertura di Pompei, rappresenta i tre strati che secondo Lippi coprirono Pompei (GG, FF, EE), in particolare nella cantina della Villa di Diomede (ABCD) della quale sono mostrate tre diverse pareti (la villa venne scavata nel 1771-4).

La schematicità della rappresentazione stratigrafica, le sue implicazioni temporali e alluvionali ricordano la famosa stratigrafia schematica nel De solido intra solidum naturaliter contento dissertationis prodromus (Firenze, 1669) di Stenone. Senza implicare una influenza (ma neanche escluderla), si propone il confronto per sottolineare come, la scoperta di Ercolano e Pompei, ripropose, in un ambito “archeologico”, molti dei temi discussi in geologia nei secoli precedenti, inclusa la difficile interpretazione dei legni bruciati ma non consumati, che ricorda il dibattito geologico seicentesco sul carbon fossile.

Il volume raccoglie vari testi di Lippi e di altri autori relativi alla querelle innescata nel 1810-16, nell’ambito della Real Accademia delle Scienze di Napoli, dalla ipotesi di Lippi di una sommersione di Pompei ad opera di una “alluvione vulcanica” (cf. pp. 157 e ss.). Lippi comunicò nel 1810 la sua ipotesi al segretario dell’Accademia, Teodoro Monticelli, e in due lettere inviate al famoso geologo tedesco Abraham Gottlob Werner (1749-1817). Nel dibattito accademico che seguì, Lippi fu difeso da Matteo Tondi e attaccato da Saverio Macrì.

Bibliografia. Nazzaro 2001, p. 96; Ciarallo 2006, pp. 29-36.

TEORIE

Geologia e archeologia

Il ruolo dell’acqua

La tavola intende dimostrare che Pompei venne sepolta da una alluvione, la cui acqua trasportò sulla città materiali dalle pendici del Vesuvio. In particolare la presenza all’interno della cantina di lapilli vulcanici e la triplice stratigrafia da proposta potevano essere spiegate secondo Lippi solo a seguito di una alluvione e non per caduta verticale dei lapilli, come sostenuto da altri vulcanologi. Solo attraverso le finestre 1-2 in fig. 3 poteva entrare il lapillo e questo poteva avvenire solo se esso era misto all’acqua e non nel caso di una sua caduta verticale. Lo stesso valeva per la terra ritrovata dentro le anfore della cantina (pp. 367-81). Lippi tenta una sintesi tra teorie nettuniste (primato del mare nella storia della terra) e plutoniste (primato del vulcanesimo) che dividevano la geologia dell’epoca, spingendosi decisamente a fovore delle prime. Non a caso inviò due lettere a Werner, principale rappresentante della scuola nettunista. Va rimarcato come le indagini archeologiche in corso a Pompei offrivano evidenze rilevanti anche per il dibattito geologico contemporaneo.

L’ipotesi di Lippi, citata da Alexander von Humboldt (Cosmos, ed. ingl., vol. 5, 1865, p. 419 e 480), pur nella sua assurdità, coglieva uno degli aspetti reali della dinamica eruttiva che seppellì Pompei: l’istantaneità e fluidità dell’evento che più tardi si capirà essere consistito in un flusso piroclastico o nube ardente.

[p. 5, materie vulcaniche] …trasportate da un’altra cagione non volcanica…Pompei fu sotterrata da un’alluvione, e non dal Vesuvio; che conseguentemente l’acqua e non il fuoco seppellì questa città…[p. 9] …monti e strati ch’io chiamo volcanici-nettuniani, cioè volcanici pel materiale e nettuniani per genesi… [p. 18] Dunque un’alluvione e non già una pioggia di ceneri volcaniche, lanciate in aria dal Vesuvio, seppellì Pompei….Del resto tanti scheletri ritrovati nelle abitazioni di Pompei, non annunziano che quel disastro dovè essere cagionato da un agente istantaneo, che non diede tempo agli abitanti di salvarsi colla fuga? Or quest’istantaneo agente potè essere o un tremuoto, ovvero un’alluvione: poichè se fosse stata una pioggia di ceneri venuta dal Vesuvio, vi avrebbe voluto molto tempo per coprire la città, e la popolazione si sarebbe salvata. Ma se fosse stato un tremuoto, le ruine della città non si sarebbero ritrovate coperte dallo strato di lapillo….non si potrebbe spiegare il riempimento della cantina, e de’ vasi vinarj, riempimento che suppone [p. 19] un’alluvione.

 

ROCCE E DEPOSITI

Stratigrafie

Paleosuoli

Depositi piroclastici

Lippi rappresenta tre strati successivi: uno strato più profondo di terra (EE), uno strato intermedio di lapillo vulcanico (FF), uno strato superficiale di terra (GG). La loro disposizione sopra Pompei è però invertita rispetto alla loro posizione originaria alle falde del Vesuvio, in quanto secondo Lippi delle piogge torrenziali trasportarono dalle falde del Vesuvio prima la terra più recente EE, poi i lapilli frutto di antiche eruzioni FF e infine la terra precedente queste eruzioni o paleosuolo GG. Lippi estende a Pompei l’ipotesi di un ruolo dell’acqua e di un fango vulcanico, poi indurito in tufo, che Hamilton e altri avevano avanzato in rapporto al seppellimento di Ercolano. Il confronto con la supposta origine “alluvionale” dei terreni vulcanici intorno a Napoli e la stratigrafia includente un paleosuolo, sono entrambi influenze di Hamilton, che Lippi tuttavia non cita. L’istantaneità dell’evento, dimostrata secondo Lippi dal ritrovamento nella cantina degli scheletri degli abitanti nella villa, che, nel caso di caduta da nube vulcanica, avrebbero avuto il tempo di fuggire, sarà poi più tardi spiegata come conseguenza di un flusso piroclastico o nube ardente.

Domenico Laurenza

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